giovedì 28 agosto 2014

Ho letto qualcosa di interessante – N.5

DANIEL GOLEMAN, autore di Focus, perché fare attenzione ci rende migliori e più felici, docente di Psicologia ad Harvard, collaboratore scientifico del New York Times, autore del bestseller mondiale Intelligenza Emotiva.

Il libro di cui vi parlo, uscito nel 2013 ha come oggetto di approfondimento l’attenzione, una risorsa mentale spesso sottovalutata, ma alla base del modo in cui affrontiamo la vita e quindi del nostro benessere.

Secondo l’autore alla radice della nostra esperienza, della consapevolezza che abbiamo di essa e del nostro modo di comportarci, c’è una più o meno consolidata capacità di portare la nostra attenzione su 3 focus:
-       noi stessi
-       gli altri
-       il mondo.

L’ambiente in cui viviamo, così ricco di stimoli e di distrazioni - cognitive, emotive e sensoriali - mette a dura prova la possibilità di focalizzare la nostra attenzione su ciò che accade attorno e dentro di noi, momento dopo momento. Questo ci rende assenti, o parzialmente presenti alla nostra esperienza, alla nostra vita, al nostro lavoro, alla nostra famiglia, …

Allenare l’attenzione, come un muscolo del nostro cervello, ad essere più focalizzata e allo stesso tempo aperta, è alla base di un percorso di miglioramento delle nostre performance così come delle nostre relazioni.

“Quando siamo preda di forti emozioni, queste ultime finiscono per prendere il controllo della nostra attenzione e il risultato è che ci fissiamo su ciò che ci turba dimenticando tutto il resto.Tali dirottamenti emotivi sono innescati dall’amigdala, il radar del cervello per le minacce, che continua a esaminare ciò che ci circonda alla ricerca di potenziali pericoli. (…) per quanto tempo la nostra concentrazione resterà catturata? Ciò dipende dalla capacità dell’area prefrontale sinistra di calmare l’eccitazione dell’amigdala. (…) La buona notizia è che è possibile incrementare la capacità del circuito prefrontale sinistro di calmare l’amigdala”.

L’autore indica nella meditazione la via migliore per l’addestramento dell’attenzione, richiamando numerose evidenze scientifiche di come durante la meditazione si attivino i diversi circuiti cerebrali. Le tecniche di risonanza magnetica funzionale (fMRI) hanno infatti permesso di dimostrare che nei soggetti esperti di meditazione si riscontra una maggiore connettività neurale tra la regione cerebrale legata alla mente vagante (circuito mediale) e quelle che disimpegnano l’attenzione (circuito parietale).

Il protocollo Mindfulness Based Stress Reduction (MBSR) di Jon Kabat-Zinn, viene citato come un programma che essendo fondato sulla pratica meditativa del portare attenzione a sé (pensieri, emozioni, sensazioni), agli altri (ascolto attivo ed empatico) e al mondo (consapevolezza nella vita quotidiana), può essere considerato un ottimo percorso per allenare l’attenzione.
Nella seconda parte del libro, si esplicita come la pratica meditativa dell’attenzione possa essere utile in ambito lavorativo.

L’autore mette in luce come la meditazione rafforzi la capacità di concentrazione e in particolar modo:
-       il controllo esecutivo
-       la capacità della memoria di lavoro
-       l’abilità di mantenere la concentrazione su qualcosa

Viene smitizzato il multitasking, considerato erroneamente sinonimo di efficienza:
“In effetti, ‘fare multitasking’ significa cambiare gli attuali contenuti della memoria di lavoro, e le continue interruzioni rappresentano spesso minuti persi per tornare al compito originario: prima di riprendere la piena concentrazione possono volerci anche dieci o quindici minuti”.

La pratica meditativa viene indicata come una modalità per aiutare i leader a definire strategie migliori, catturare e dirigere l’attenzione collettiva su ciò che conta.

“Tra i segni di quella che potremmo chiamare ‘sindrome da deficit di attenzione delle organizzazioni’ ci sono le decisioni sbagliate, prese in mancanza di un numero sufficiente di dati, l’assenza di tempo per la riflessione, la difficoltà a catturare l’attenzione dei mercati e l’incapacità di concentrarsi quando e dove è necessario.”

A volte le organizzazioni fanno fatica a distogliere la concentrazione da ciò che è familiare, non si accorgono dei cambiamenti che avanzano, li minimizzano. Ma ciò che avviene a livello di sistema corrisponde al funzionamento delle singole menti.
“Il direttore esecutivo della mente, l’arbitro che decide su cosa concentrarsi, gestisce tanto la concentrazione richiesta dallo sfruttamento (del vecchio) quanto l’attenzione aperta necessaria all’esplorazione (del nuovo).”

L’autore indica 2 tipologie di attenzione allenate dalla meditazione:
-       l’attenzione aperta: a tutto ciò che  è presente nel campo della nostra esperienza
-       l’attenzione focalizzata: su un oggetto specifico: corpo, pensiero, emozione, ...

Allenare le menti dei singoli a staccarsi dagli oggetti di attuale concentrazione per cercare nuove possibilità, sviluppa un atteggiamento di flessibilità e innovazione che si propaga per l’organizzazione, così come allenare le menti a concentrarsi su una specifica area, per migliorarne efficienza  e prestazioni.

“Le scansioni cerebrali di 63 esperti dirigenti impegnati in una simulazione che chiedeva loro di portare avanti delle strategie di sfruttamento o di esplorazione (o di passare da una all’altra) hanno messo in luce gli specifici circuiti che stanno alla base di questi 2 tipi di concentrazione. Lo sfruttamento era accompagnato dai circuiti cerebrali dell’anticipazione della ricompensa (è piacevole operare in una routine comoda e familiare), mentre l’esplorazione sollecitava l’attività dei centri esecutivi e di quelli per il controllo dell’attenzione: a quanto pare la ricerca di una alternativa alle strategie attuali richiede una concentrazione intenzionale.”

Infine, il punto a mio avviso più interessante che l’autore sviluppa è quello legato alla possibilità che la pratica meditativa dell’attenzione aiuti i leader a vedere più chiaramente il quadro di insieme.

“Se vediamo una compagnia semplicemente come una macchina per fare soldi, ignoriamo di fatto la sua rete di connessioni con le persone che vi lavorano, le comunità in cui opera, gli utenti, i clienti e la società in generale. I leader con una visione più ampia si concentrano anche su tutti questi rapporti.“

La meditazione diventa dunque uno strumento per ampliare la vision di chi guida le nostre aziende, allargare lo sguardo su una rete più grande di persone, che vada oltre gli interessi personali o di parte e si occupi del “bene comune”.

“I leader di questo tipo sono in grado di ispirare la gente: perseguono uno scopo comune più alto che dà significato e coerenza al lavoro di tutti, e coinvolgono emotivamente le persone attraverso valori (….).”

“I grandi leader non si accontentano di accettare i sistemi per come sono, ma vedono in prospettiva che cosa possono diventare e, quindi, lavorano per trasformarli in qualcosa di meglio, a beneficio della maggioranza delle persone.”

venerdì 22 agosto 2014

NOW: UNA PAROLA DA RICORDARE


Non solo perché il presente è l'unico tempo che abbiamo a disposizione ed essere mindful significa saper stare nel qui e ora, ma anche perché NOW è un interessante acronimo che ci ricorda 3 importanti cose che possiamo fare con la nostra esperienza presente: Noticing, Opening, Welcoming  (fonte MindWork) .

"N is for “Noticing”

The activity of noticing is the most important aspect of any mindfulness practice. Without noticing, without intentionally paying attention to what is happening in our immediate experience, there is no mindfulness at all. The act of noticing has the quality of precision and clarity, and is connected to clearly knowing where our attention is and what thoughts, emotions or physical sensations are present in our awareness. When you’re facing a stressful situation at work, for example, you can remind yourself to notice what is really going on inside you. We could compare this step to an unexpected guest knocking on the door. What do you notice about your reactions?

O is for “Opening”

Opening follows Noticing. It is the activity of purposefully keeping ourselves open to the unfolding experience of every moment, even when it feels challenging or painful. Opening is the opposite of aversion. It allows us to explore with curiosity the details of our stress reaction, for example, the impulse to say something hurtful to a colleague who irritates us, or the tendency to browse the internet mindlessly. Opening is counter-intuitive. Our habitual response is often about closing down and hiding away from that which feels uncomfortable. This is an understandable reaction, but it has dire consequences. As we disconnect ourselves from our immediate experience, our automatic knee-jerk reactions take over and we often end up more stressed. We could compare it with opening the door and observing the unexpected visitor in great detail.

W is for “Welcoming”

Welcoming is the proactive decision to turn towards any feelings or thoughts that come up when facing a challenging situation. The ability to take this step comes from our understanding that fighting or rejecting our experience will only make it worse. When we accept whatever we are feeling or thinking, and make a step towards it, we are expressing our willingness to be present with all that is here, even if it’s unpleasant or difficult. Letting go of struggle in this way releases a huge amount of energy, which in turn, often leads to an insight or a skilful action. This step is equivalent to welcoming the unexpected guest into your home and making her a cup of tea."